Psicologia della scelta


Il libro affronta il processo di decisione, per aiutare il lettore a gestire con maggior successo dubbi, indicisioni, perplessità ed insicurezze del vivere quotidiano.
http://psicologiadellascelta.blogspot.it/2014/04/ebook-psicologia-della-scelta-decision_16.html

Il mito della bellezza

I giovani sono facili prede dei miti che vengono promossi dai mass media. Impariamo a conoscere in che modo si creano tali miti.. che spesso risultano irrealistici e innaturali.
Quali pericoli si cellano dietro tali modelli? Guarda il video e poi esprimi le tue considerazioni.


Non sta mai fermo un attimo


"Non si ferma mai un minuto. Non posso togliergli gli occhi di dosso senza che combini guai. Tocca tutto quanto mettendo sottosopra la casa. Corre e si arrampica dappertutto e quando gli parlo mi sembra di parlare al muro, proprio non ascolta. Le maestre si lamentano in continuazione per il suo comportamento e quasi ogni giorno torna da scuola con una nota sul quaderno. Non so proprio come comportarmi, ho provato con le buone e con la cattive. Non ne posso proprio più".
Una volta bambini come quello sopra descritto erano etichettati come “caratteriali”, oppure come affetti da “disarmonia evolutiva”. Nel nostro Paese siamo arrivati con un certo ritardo a capire che tali problematiche vanno inquadrate secondo un’ottica ben diversa. L’espressione “bambino iperattivo” è ultimamente diventata sempre più di uso comune. Ma quando possiamo dire che un bambino è veramente iperattivo e quando invece si tratta di un bambino solo vivace, disobbediente o semplicemente maleducato? La linea di demarcazione non sempre è ben delineata ed occorre il parere di un esperto per poter identificare quando il comportamento del bambino è veramente problematico. I termini più usati per identificare quei bambini il cui comportamento è eccezionalmente iperattivo sono quello di sindrome ipercinetica oppure di disturbo da deficit d’attenzione e iperattività. In realtà alcuni psicologi ritengono che non sia sempre corretto parlare di “disturbo” riferendosi a tali problematiche. Molti tra i soggetti identificati come iperattivi presentano infatti numerose caratteristiche positive oltre all’iperattività. Spesso sono ben dotati dal punto di vista intellettivo, sono molto intuitivi e abbastanza creativi. Di solito però l’ambiente circostante (la famiglia, la scuola, il gruppo dei coetanei) non è pronto ad accogliere individui che presentano tali caratteristiche di iperattività e impulsività. Il disturbo si crea spesso dall’incontro-scontro tra un bambino che assume determinate modalità di comportamento e un ambiente impreparato a reagire nel modo più adatto.
Per prima cosa, quando si sospetta che sussista un problema di iperattività, il bambino va sottoposto ad un’accurata valutazione. In seguito è necessario che genitori ed insegnanti si avvalgano di una consulenza psicologica sistematica per apprendere i metodi da applicare, tenendo comunque presente che per poter conseguire risultati concreti sono indispensabili costanza e sistematicità nell’uso di tali procedure.
Quale atteggiamento assumere nei confronti di un minore "iperattivo"?

Genitore oggi: un mestiere difficile



Il mestiere di un genitore, questo affascinante e non facile mestiere, vecchio come il mondo e pur sempre nuovo, è mestiere mai appreso a sufficienza. Essere genitori, vuol dire assumersi l’onere e la responsabilità della crescita dei figli lungo un percorso che non permette rassicuranti certezze. Si diviene genitori quando nasce un figlio, ma lo status generativo in senso psichico lo si conquista lungo tutto l’arco dell’evoluzione dei figli. Come tutti gli atti creativi, il mestiere di genitore, invita alla ricerca di soluzioni sempre nuove, se preferite, il fare o l’essere genitore, pone costanti interrogativi, invita alla ricerca di soluzioni sempre nuove, mette cioè in quella condizione di cui si può dire che l’unica cosa certa è l’incerto.
Fare il genitore, e soprattutto cercare di farlo bene, vuol quindi dire vivere in una dimensione creativa, sfuggendo la sicurezza del certo, che spesso copre atteggiamenti rigidi e soluzioni precostituite, e saper rispondere a esigenze sempre nuove. Tutto ciò, è bene dirlo, indica un percorso tutt’altro che facile! Direi che si impara a diventare genitori in una scuola che non esiste, con dei maestri che no ci sono; sono le difficoltà in cui spesso ci si imbatte a fornire lo stimolo alla ricerca di soluzioni alternative e a sostenere la spinta, penso insopprimibile, ad essere genitori migliori.
Quali le paure che accompagnano tale ruolo?

Educare all'apprendimento.



A fronte degli sviluppi tencologici, la società moderna sta vivendo una condizione di impoverimento ideale e culturale. Il meccanismo che regge la società è quello della divisione: soprattutto della divisione dell'uomo dal significato della sua vita. Occorre rimotivare il contesto culturale odierno. Occorre riconoscere e far riconoscere che la cultura è consapevolezza sistematica e critica dell'esperienza.
Il bisogno dell'uomo è quello di ricuperare la propria identità (il "chi sono?") per progettare il proprio futuro non come contrapposto, ma in comunione con gli altri. Occorre ristabilire un rapporto autentico tra la coscienza e la vita e i suoi contenuti: viene meno la propria identità proprio quando non riferimento ad un quadro organico unitario. Questo ci indica la corretta chiave di lettura del bisogno dell'uomo di essere educato ed insieme di educarsi. E in quest'ottica va collocato anche il bisogno di apprendere, inteso sia nel senso di scoprire la realtà, sia nel senso di impadronirsi di un metodo di ricerca, di analisi e di verifica, per un ricupero di questa capacità critica che oggi spesso sembra paralizzata (quel senso di impotenza, di rassegnazione, ...) e che è la sola in grado di porre la persona nella condizione di vedere, giudicare ed affrontare la realtà che quotidianamente incontra.
Ma chi educa? chi trasmette cultura?

Fumo, droga e alcool: dipendenza e prevenzione.


La dipendenza inizia nella vita quotidiana. La prevenzione pure.
Oggi giorno i giovani fumano più tabacco e anche piti canapa indiana e bevono più alcol di qualche anno fa.
La prevenzione della tossicodipendenza non può risolvere problemi di dipendenza già esistenti. Può tuttavia impedirne o rallentarne la nascita. Questa prevenzione deve radicarsi nella vita quotidiana: nella famiglia, nella scuola, nel centro d'incontro dei giovani, nel club sportivo o anche nel negozio di paese e nel ristorante.

In una società, nella quale le persone che convivono hanno idee molto divergenti su cosa sia giusto o sbaglialo, è particolarmente importante che i bambini e i giovani apprendano ad orientarsi in modo autonomo e ad essere responsabili di se stessi. Tutti i giovani, prima o poi si trovano in situazioni in cui vengono offerte loro delle sigarette, droghe o bevande alcoliche. Devono imparare a gestire questi momenti. Per essere in grado, laddove necessario, di prendere le distanze, hanno bisogno di autonomia e di fiducia in se stessi. Non si apprende da un giorno all'altro ad essere autonomi e ad avere fiducia in se stessi. Ciò richiede molto tempo e molto sostegno da parte degli adulti.La dipendenza inizia nella vita quotidiana. La prevenzione pure.

Di cosa hanno bisogno i bambini e i giovani per proteggersi?

Giovani e New Media


Soddisfatti di quello che hanno, amanti dei reality e di internet, appassionati di ecommerce, indifferenti alla politica.
Questo il ritratto dei giovani italiani che emerge dal settimo rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Eurispes e di Telefono Azzurro.

Un’indagine che, presa nel suo complesso, fornisce molti spunti di riflessione, soprattutto per quel che riguarda il rapporto tra i giovanissimi e le nuove tecnologie.
Il Pc è presente nella stragrande maggioranza delle case italiane: ne possiede uno il 92,5% delle famiglie, con il 48,2% dei bambini che navigano il web abitualmente: il 38,2% usa Internet da casa propria, il 3,4% naviga da casa di amici, il 2,9% dall'abitazione di parenti o conoscenti, il 2,2% da scuola e l'1,5% utilizza Internet point.

Circa un terzo dei bambini naviga senza alcun controllo da parte dei genitori, molti hanno il Pc nella propria cameretta.
Non stupisce, dunque, che siano molti i bambini che hanno avuto incontri sgradevoli sul web, che possono essere con immagini poco adatte alla loro età o con persone cha hanno tentato molestie via chat.

Emerge infatti dall’indagine che un bambino su quattro (24,9%) si è imbattuto in immagini che lo hanno infastidito, mentre il 20,5% afferma di aver subito molestie da adulti. Inquietante il fatto che quasi la metà dei bambini ha preferito non rispondere alla domanda relativa agli incontri di persona seguiti a un contatto su Internet.
Il 37,5% dichiara di non aver mai conosciuto di persona qualcuno incontrato su internet, mentre tra coloro che hanno ammesso di averlo fatto, la maggior parte è andato da solo, alcuni accompagnati dai genitori, altri da amici o fratelli.

Episodi che hanno coinvolto dunque, quasi la metà dei bambini tra i 7 e 11 e che confermano quanto sia pericoloso lasciarli da soli davanti al Pc.

Molto stretto anche il rapporto col telefonino: il 54,8% dei bambini italiani possiede un cellulare e lo usa per comunicare con genitori e amici, ma anche per fare foto e filmati.
Se infatti, la maggior parte dei bambini possiede un cellulare normale, il 16,2% possiede un video-telefonino, il 3,1% un modello Umts e il 2,1% ne possiede addirittura più di uno.

Su internet, giovani e giovanissimi italiani fanno anche simulazioni sulla loro personalità, fingendo in pratica di essere persone diverse da quelle che sono in realtà. Lo fa il 61,4% dei ragazzi intervistati, dei quali il 6,4% ammette di farlo ‘sempre’, il 44,7% ‘qualche volta’, il 10,3% ‘spesso’.

La realtà, per questi ragazzi, è sempre più spesso sinonimo di ‘reality’ – inteso come show televisivo – genere per il quale va matto un ragazzo su due.

Questi dati dimostrano che le giovani generazioni sono caratterizzate da “un marcato senso di appagamento materialistico”.

In che modo intervenire sui valori e i principi morali che guideranno il comportamento dei giovani?

Bullismo

Il bullismo è un concetto ancora privo di una sua puntuale definizione tecnica, sia giuridica che sociologica, ma è usato pressoché unanimemente per indicare tutta quella serie di comportamenti tenuti da soggetti giovani (bambini, adolescenti) nei confronti di loro coetanei, ma non solo, caratterizzati da intenti violenti, vessatori, e persecutori.
Il fenomeno ha anche legami con la criminalità giovanile, il teppismo ed il vandalismo.

Il bullismo per essere definito tale deve presentare tre caratteristiche precise:

  • Intenzionalità
  • Persistenza nel tempo
  • Asimmetria nella relazione

Vale a dire che deve essere un’azione fatta intenzionalmente per provocare un danno alla vittima; ripetuta nei confronti di un particolare compagno; caratterizzata da uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce. Il bullismo, quindi, presuppone la condivisione del medesimo contesto.

Insegnanti e genitori sono chiamati ad aiutare le vittime di bullismo, ma anche gli stessi bulli, ad imparare modalità relazionali assertiva (rispettose di sè e dell'altro). Quali comportamenti e azioni possiamo mettere in campo per contrastere il fenomeno del bullismo?

Abuso e maltrattamento


Quando un genitore o un insegnate avverte il sospetto che sia stia commettendo un abuso su minore, si possono innescare comportamenti finalizzati ad investigare sull'accaduto, ma anche, in taluni casi a non riuscire ad accettare che questo stia avvenendo. Nella rivelazione di abuso il bambino è potenzialmente esposto all'incredulità dell'adulto, al timore di incorrere nel biasimo o nella punizione di una minaccia ricevuta dall'abusante. Si tratta così di saper accogliere il minore garantendogli il massimo spazio d'ascolto e protezione possibili. Il bambino vittima di maltrattamento mostra spesso una sintomatologia composita, aspecifica, che pur non costituendo quindi una prova certa che vi sia stato un abuso ai suoi danni, certamente può rappresentare un segnale d'allarme per la famiglia e per gli insegnati. Qui di seguito elenchiamo alcuni dei segni o indicatori comunemente interpretati da alcuni studiosi del fenomeno come caratteristici del bambino vittima di violenza



  • Riduzione dell'autostima

  • Difficoltà ad amare o a dipendere dagli altri

  • Comportamenti aggressivi o distruttivi

  • Comportamenti di ritiro; paura di intraprendere nuove relazioni o attività

  • Fallimenti scolastici o cadute del rendimento

  • Abuso di droga o alcool

Più in particolare il bambino sessualmente abusato può mostrare, oltre ai segni sopra elencati:



  • Interesse inusuale verso questioni sessuali

  • Disturbi del sonno, incubi, terrore notturno, enuresi

  • Ansia, depressione e comportamenti di isolamento

  • Comportamenti seduttivi nei confronti degli adulti

  • Sentimenti relativi al proprio corpo vissuto come sporco o danneggiato

  • Contenuti sessuali o aspetti dell'abuso rappresentati in giochi, disegni o fantasie

  • Condotte delinquenziali, fughe

  • Comportamenti suicidari

Inoltre, secondo l'art. 331 del c.p.p., la segnalazione del sospetto abuso da parte dell'insegnante, rappresenta un atto obbligatorio che espone a precise responsabilità, anche penali, in caso di omissione.


Esprimi le tue considerazioni su questo delicato argomento.

Disturbi del comportamento alimentare


I disturbi del comportamento alimentare (es. anoressia e bulimia) ossono manifestarsi in vari momenti dell’infanzia e dell'adolescenza, con difficolta’ a stabilire comportamenti regolari di alimentazione. l termine “disturbi del comportamento alimentare” (DCA) è stato coniato per definire condizioni cliniche in cui il disagio è caratterizzato da un rapporto alterato con il cibo e con il proprio corpo tale da compromettere la qualità della vita e delle relazioni sociali della persona che ne è affetta.
I disturbi del comportamento alimentare colpiscono in modo particolare bambini e giovani, con frequenza sempre in aumento sia nei paesi occidentali che nel resto del mondo. Negli ultimi venti anni la diffusione di questa patologia è aumentata in modo impressionante: se alcuni decenni fa i casi complessivi di disturbo alimentare in una intera scuola superiore erano rari, adesso è possibile individuare più casi presenti nella stessa classe. Inoltre, se fino a pochi anni fa i disturbi alimentari erano tipici delle ragazze adolescenti in questi anni ci confrontiamo con la diffusione di questi disturbi negli adolescenti maschi, con l’abbassamento dell’età media di esordio (6 – 8 anni), e con la promozione di aspetti culturali di massa che fanno breccia in modo trasversale su molte fasce di popolazione, coinvolgendo anche i bambini.

La famiglia, essendo il nucleo primario di sviluppo dell’individuo, ha un ruolo importante nel creare l’ambiente in cui il disagio avvertito dal ragazzo può essere accolto, gestito, e affrontato; ma anche la scuola ha un ruolo importante, in quanto può osservare le manifestazioni di disagio e la loro evoluzione nel tempo. Quali sono paure e le difficoltà degli adulti che sono chiamati a rapportarsi a queste manifestazioni di disagio? Come aiutare coloro che manifestano tali disturbi della condotta alimentare?